che cos’è la
vulvodinia?
Cos’è?
La vulvodinia è una sindrome cronica caratterizzata da dolore vulvare non attribuibile clinicamente a altra causa. La sua eziologia è ancora sconosciuta, ciò significa che il meccanismo che porta la patologia a instaurarsi e cronicizzarsi non è noto e al momento la terapia proposta si concentra sulla cura dei sintomi.
Per molte donne quest’approccio è risolutivo, per molte altre non è sufficiente, ragion per cui la ricerca su questa patologia è di fondamentale importanza per garantire a tutte una risoluzione del problema.
Una caratteristica della vulvodinia è quella di avere molte facce tale da rendere quasi impossibile il trovare due donne con gli stessi disturbi e la stessa intensità dei sintomi per insorgenza, durata e mantenimento. Questo fattore, unitamente al fatto che la patologia non è molto conosciuta nella classe medica specialistica, comporta per le donne l’impossibilità di riconoscersi nei sintomi e di sospettare di soffrire di vulvodinia.
il 60% delle donne con dolore cronico consulta più di tre specialisti prima di ricevere la diagnosi corretta.
Come si presenta?
La patologia si camuffa spesso con infezioni o infiammazioni più generiche (infezioni vaginali, vaginismo, cistite) e il suo decorso e quello dei suoi sintomi può essere molto variabile: la vulvodinia può essere spontanea (bruciori e fastidi perennemente presenti, senza che ci sia una causa scatenante) oppure provocata (i fastidi iniziano nel momento in cui la mucosa viene sollecitata: durante un rapporto sessuale, durante l’applicazione di creme o per il semplice contatto con la biancheria). Può essere localizzata in un punto specifico della vulva (vestibolo, clitoride, uretra) o in più punti contemporaneamente, oppure può essere generalizzata a tutta la vulva. I disturbi possono anche sparire spontaneamente e ripresentarsi in maniera del tutto casuale oppure dopo un piccolo trauma (vulvodinia episodica).
Il 40% delle donne che presentano dolore vulvare cronico da diverso tempo, preferisce non rivolgersi più a un medico perché percepisce del pregiudizio verso i propri sintomi.
Perché succede?
Tutti i sintomi della vulvodinia hanno una radice in comune: sono il segnale che le terminazioni nervose periferiche stanno soffrendo. É come se si fossero incattivite e rispondessero a ogni stimolo innocuo con una sensazione dolorifica.
Una delle caratteristiche della vulvodinia è proprio quella di avvertire un dolore spropositato rispetto allo stimolo, per intensità e per tipologia: si avverte un effetto sensoriale diverso e molto più intenso, ad esempio, anziché sentire il tocco di un oggetto innocuo si ha una sensazione di taglio, come se la mucosa si stesse lacerando, oppure di arsura come se il tessuto si stesse ustionando.
In medicina, questo comportamento è definito allodinia.
Il 45,1% delle donne che si rivolge a uno specialista è accusata di somatizzare o ingigantire i propri sintomi.
La diagnosi
La diagnosi di vulvodinia avviene per esclusione: i sintomi non devono essere attribuibili ad altra causa. In genere si sospetta la vulvodinia quando i sintomi perdurano da oltre 3 mesi. Una diagnosi per esclusione non significa che contemporaneamente alla vulvodinia non si possa avere un’infezione in corso, anzi spesso è proprio questo il motivo che induce in errore molti specialisti unitamente al fatto che per la vulvodinia non esistono esami clinici in grado di confermare la diagnosi: non trattandosi di un’infezione la vulvodinia non dipende né da virus, né da batteri. Questo è il motivo per cui spesso i risultati dei tamponi risultino negativi: non c’è alcun agente infettivo a sostenere l’infiammazione, ma è l’infiammazione stessa la patologia.
C’è però un test meccanico per verificare l’allodinia: lo swab test. Durante questo test lo specialista tocca punti specifici della vulva con un cotton fioc inumidito: se la paziente avverte dolore in uno o più punti significa che le proprie terminazioni nervose stanno inviando un segnale errato.
Più del 30% delle donne vulvodiniche non ottiene la diagnosi nonostante diversi consulti.
Riepilogando…
La vulvodinia è una patologia diffusa che colpisce circa il 15-16% delle donne di ogni etnia, età e orientamento sessuale. Per riconoscerla non è richiesta nessuna indagine diagnostica particolarmente invasiva, nessuna costosa attrezzatura medica: gli unici strumenti richiesti sono un banale cotton-fioc e dieci minuti di ascolto per indagare la sintomatologia.
Eppure… la vulvodinia continua ad avere un ritardo di diagnosi di quasi 5 anni in media.
Le donne si rivolgono a diversi specialisti prima di riuscire a dare un nome ai loro disturbi. Molte sono costrette a intraprendere costose trasferte per l’assenza di specialisti informati sulla patologia nelle vicinanze. Altre semplicemente rinunciano a curarsi perché non possono sostenere le spese.
Altre ancora finiranno per convincersi che quello che provano è normale e che il dolore fa parte della vita di una donna e che forse, sì, è davvero tutto nella propria testa.
Le donne vulvodiniche sentono frasi come queste di continuo.
Sono sottoposte per anni a terapie errate, esami invasivi, a volte operazioni del tutto evitabili. Il tutto perché la loro parola e le loro sensazioni vengono messe in dubbio e etichettate come psicosomatiche.
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