L’approccio psicologico
nella vulvodinia
L’approccio psicologico spesso non è accolto di buon grado dalle ragazze e dalle donne che soffrono di vulvodinia, tuttavia può essere importante e in alcuni casi fondamentale.
Questo non perché la vulvodinia sia una “malattia mentale”.
Non lo è, ma se lo fosse la difenderemmo con la stessa fermezza e la stessa determinazione affinché ne fosse riconosciuto il diritto alla cura. Le malattie mentali hanno pari dignità e sono simili a ogni altra patologia e come ogni altra patologia richiedono diagnosi accurate, tempestive e protocolli di cura.
Nel sottolineare che la vulvodinia non rientra tra queste, non vogliamo prenderne le distanze, ma passare la giusta informazione: un percorso psicologico è un meraviglioso alleato nella cura della vulvodinia, ma da solo non è risolutivo.
Una delle cause che concorrono al ritardo di diagnosi nella vulvodinia è dovuto proprio al fatto che gli stessi specialisti non siano correttamente informati su questa patologia, definendola ancora oggi come “psicosomatica”, come se si trattasse di un capriccio, arrivando persino a dubitare dei sintomi riportati dalle pazienti.
Le donne arrivano alla diagnosi spesso dopo anni di calvario dovuti non solo al dolore e ai fastidi, ma anche alla difficoltà di dare un nome e una dignità alla propria condizione, dovendo lottare in primis con la difficoltà di essere credute.
Tutto il percorso che va dallo sperimentare i primi fastidi, all’assistere impotenti al deteriorarsi delle proprie relazioni fino alla diagnosi e all’accettazione di avere un problema cronico con cui spesso convivere può essere molto pesante da un punto di vista psicologico.
Il supporto psicologico è consigliabile solo nei casi di rilevante ritardo diagnostico?
No. Il supporto psicologico è importante sempre perché corpo e mente lavorano in sinergia tra loro, influenzandosi a vicenda.
La vulvodinia, a causa del suo effetto a volte devastante sul corpo di una donna, predispone ad alcuni atteggiamenti mentali, comportamentali ed emotivi disadattivi, come pensieri catastrofici, ansia e tensioni frequenti, depressione e disturbo post traumatico.
Alla lunga questi stessi atteggiamenti diventano un ostacolo alla guarigione.
Una ragazza adolescente alle prese con i primi rapporti intimi può sentirsi “diversa”, “sbagliata”, alle volte “rotta” e tenderà a nascondere i propri sintomi a tal punto da dimenticarsi cosa sia la “normalità”.
La donna adulta che soffre di vulvodinia può sentirsi inadeguata e sviluppare serie difficoltà all’interno della coppia. Uno specialista potrebbe aiutare entrambi, la donna e il/la partner a comprendere e interpretare i disturbi non come un rifiuto nei confronti della sessualità o del/della compagno/a.
Anche la menopausa risulta essere un periodo particolarmente sensibile per la donna e lo sviluppo della vulvodinia può aumentare il rischio di depressione.
A ogni età, lo specialista può aiutare a metabolizzare e affrontare i disturbi della vulvodinia e a inquadrarli come temporanei, seppur cronici, termine che può spaventare ma che non equivale assolutamente al “per sempre”.
Se ti capita di sentirti spesso depressa, agitata o non riesci a gestire le tue emozioni in riferimento alla malattia, sappi che un supporto psicologico potrà esserti d’aiuto nel gestire queste sensazioni correttamente e nel fornirti le risorse necessarie ad affrontare le terapie.
I tuoi sintomi non verranno trattati né etichettati come psicosomatici, ma verrai accolta nella sofferenza che la malattia ha portato nella tua vita.
Nella sezione Specialisti troverai un elenco di psicologi – psicoterapeuti e sessuologi che ti sapranno fornire il giusto supporto nella gestione della vulvodinia.