Ho sofferto di vulvodinia per diversi anni senza neanche sapere cosa fosse. La mia etichetta medica era “recidivante alla candida” ma la candida neanche c’era. Magari c’è stata all’inizio ma poi i tamponi negativi si ripetevano in serie. I bruciori, i dolori restavano e con quelli le classiche terapie per la candida che ripetevo per mesi, a volte interrompendole solo durante il ciclo mestruale perché “ripulisce tutto, vedrai!”.
Oltre a non ripulire nulla, aumentava tremendamente i fastidi tanto da rendere il contatto con l’assorbente insopportabile, ma necessario se non volevo passare seduta sul cesso l’intera settimana.
Quindi ogni mese ero punto e accapo.
Ho interrotto l’ennesima cura per la candida bruscamente, da un giorno all’altro. Continuavo a cambiare antimicotici da mesi. In ovuli, in crema, in pasticche, in polvere.. Fino ad arrivare alla sera in cui non riuscivo neanche a sfiorare la vulva per il forte dolore. Ero chiusa in casa da giorni per l’impossibilità di indossare anche solo uno slip: riuscivo a camminare a gambe larghe a patto che nulla strusciasse sulla zona. La sensazione che avevo era quella di una vulva di cartapesta pronta a lesionarsi al minimo tocco.
Per qualche mese mi sono limitata a lavarmi con sola acqua fredda e bicarbonato (non so neanche se fosse la soluzione più adatta, quindi non fatelo!). Alla fine la situazione è ritornata a livelli sostenibili. Non riuscivo ancora a indossare pantaloni ma almeno riuscivo a uscire di casa con un vestito addosso e senza dover camminare come una papera.
Andai da un altro ginecologo dopo mesi da quell’episodio perché i rapporti erano diventati dolorosissimi. Vaginite. Crema antibiotica e lubrificante per i rapporti. E tampone per indagare se la candida ci fosse ancora perché probabilmente non l’avevo curata bene. In 10 minuti di visita aveva registrato solo l’ultimo tentativo interrotto.
Per il resto non c’era nient’altro di rilevante.
Ho ripetuto solo il tampone. Pulito.
Non feci nient’altro di quanto prescritto. Avevo paura ad applicare qualunque cosa, non volevo – e non potevo permettermi di – stare nuovamente male a quella maniera.
Da sola ho iniziato a capire, e a evitare, tutto quello che sembrava farmi peggiorare. C’erano giorni in cui stavo benissimo, altri in cui in cui avevo fastidi perenni, non limitanti ma comunque presenti.
I problemi seri comparivano con i rapporti. Oltre all’essere tremendamente dolorosi, i giorni seguenti al rapporto soffrivo sempre più spesso di crampi addominali che mi spezzavano in due per qualche secondo. Come una scossa elettrica che partiva dall’inguine e si disperdeva dove poteva.
Un dubbio ha iniziato a tartassarmi, quello di aver fatto una cazzata a interrompere la cura per la candida e non aver seguito i consigli in seguito all’ultima visita. Spronata per lo più dal mio compagno, ho iniziato a scegliere online l’ennesimo specialista senza però prendere mai realmente un appuntamento.
Non me ne rendevo ancora conto ma non riuscivo più ad andare da un ginecologo.
Non avevo voglia di raccontare nuovamente tutto e sentirmi dire che non avevo nulla. Non avevo voglia di prendere i soliti farmaci consigliati dopo una visita frettolosa in cui venivano filtrati i dettagli che per me erano i più importanti. Non avevo voglia di iniziare una cura, notare i peggioramenti e avere la sensazione di essere presa per ipocondriaca quando tentavo di avvisare lo specialista della cosa.
La sola idea mi generava ansia.
Ma dopotutto era così che mi sentivo anch’io: un’ipocondriaca.
Inizio a filtrare mentalmente i piccoli fastidi giornalieri. Voglio sentirmi “normale” come dicono loro.
Questo non ferma minimamente l’ansia ma fa’ sì che per un po’ ignori anche quella.
Nel frattempo i mesi passano, i rapporti neanche si tentano più e guarda il caso smetto anche di soffrire di candida!
Ma vedo la mia storia incanalata in una deriva ben nota..
Una mia carissima amica viene operata d’urgenza di endometriosi. Avevamo spesso fastidi simili. Per anni siamo state seguite dalla stessa ginecologa. Ansia. Forse è il caso che chieda un nuovo consulto, è da tre anni che lo evito. Ma dopotutto i miei sintomi sono un po’ diversi… rimando ancora.
Compare un nuovo sintomo. Noto che dopo lunghe ore da seduta non riesco a spingere il getto della pipì. Panico. Forse un giorno mi troveranno qualcosa di brutto che nessuno ha notato prima. Il mio compagno mi tranquillizza: “Ne soffri da così tanto tempo che a quest’ora saresti già morta!”.
Ha ragione.
La mia ansia però non è d’accordo. Aumenta. Mi rivolgo a uno psicologo.
Inizio un percorso bellissimo che in pochi mesi mi ridà tranquillità e la cosa buffa è che quando mi decisi a prenotare finalmente una visita ginecologica non avevo ancora mai accennato ai miei problemi intimi in terapia: mi veniva così automatico ignorarli da non ritenerli importanti neanche per la mia ansia.
Gliene parlai solo dopo la visita ginecologica.
La visita avvenne mesi dopo la prenotazione e inizialmente quella distanza mi tranquillizzò. Mi ero ripromessa di non fare alcun accenno alla candida, non volevo neanche sentirla come scusa.
Entro e dico che non riesco più ad avere rapporti. La prima domanda che mi vien fatta è “da quanto tempo?”. Da anni. Mi viene chiesto cosa sento, di descrivere a parole mie il dolore e con quale intensità lo avverto.
Sono talmente felice di sentire queste domande da essere quasi euforica!
Perché NESSUNO me le ha mai fatte prima?
Ho speso anni a saltellare da un ginecologo all’altro per venire incanalata forzatamente in una delle loro ipotesi senza che nessuno mi abbia mai chiesto che GRADO di dolore sentissi. Che TIPO di bruciore. Senza che nessuno facesse mai riferimento allo stato dei miei muscoli. Ho scoperto di avere un “pavimento pelvico” in quest’ultima visita, dopo aver perso il conto dei ginecologi consultati.
Mi ritrovo a saltare come una rana durante lo swab test. Ipertono. Tutti termini che lì per lì non mi dicono niente e francamente nemmeno mi interessa.
Per la prima volta mi sono sentita tranquilla. Anche di avere qualcosa.
All’uscita dalla visita trovo il mio compagno bianco in volto: ero dentro da quasi un’ora. Ma avevo un sorriso stampato in faccia, quindi si riprende subito anche lui.
Inizio la fisioterapia ed è lì che capisco realmente di cosa soffro.
La dottoressa mi spiega tutto con una chiarezza, una dolcezza e un ottimismo rincuoranti. Nonostante tutto, vado online a documentarmi e… PANICO! Leggo di decine di storie di donne che vivono in questo calvario da anni pur avendo la diagnosi.
Altre che brancolano nel buio non sapendo se soffrono di vulvodinia o meno. Non hanno specialisti informati in zona..
Scopro una realtà grottesca che ignoravo. E riguarda tutte le donne.
Leggo da spettatrice queste storie. In molte mi ci rivedo.
Sono un po’ meno ottimista sulla mia cura, ma la continuo alla lettera. Settimana dopo settimana.
Al primo controllo dalla ginecologa sono miglioratissima!
Vado nel gruppo facebook che mi ha tenuto compagnia passiva nei mesi precedenti e scrivo il mio primo messaggio. Racconto i miei progressi perché dessero un po’ di speranza a tutte. Quello che a volte ci manca è proprio credere che si possa guarire davvero.
Oggi lo ripeto ogni volta che mi è possibile. Sono guarita.
E questo percorso mi ha portato a conoscere un gruppo di persone e nuove Amiche meravigliose, quindi va a finire che sotto sotto gliene sono anche un po’ grata alla vulvodinia.
A patto che non si ripresenti più!
Quello che vorrei passasse dal mio racconto, oltre al fatto che, sì, si può guarire, è che trovo estremamente barbaro il modo in cui veniamo trattate.
A me non è mai capitato che un ginecologo mi indirizzasse apertamente da uno psicologo ma mi riterrei una stupida se dicessi che non ho mai avuto questa sensazione.
Alla fine ci sono finita e non che me ne vergogni, anzi, la considero tra le esperienze più arricchenti della mia vita. Ma sono sicura che me lo sarei evitato se solo avessi trovato medici più competenti in altri campi. Perché sfido chiunque a conservare la propria integrità mentale e a stare male per mesi, per anni, senza trovare nessun medico che vi prenda sul serio.
Se ripenso ad alcuni ginecologi incappati in passato, tornassi indietro piuttosto mi farei visitare dalla veterinaria della mia gatta. Oltre a essere più empatica, è anche più competente: lei almeno sa cos’è la vulvodinia. Sì, ne ho parlato anche con lei.
Da quando ho la diagnosi ne parlo con tutte non appena mi si presenta l’occasione.