Vulvodinia e disinformazione: è importante che se ne parli, ma è ancora più importante che se ne parli correttamente!

(Questo articolo è in aggiornamento e vi invitiamo a continuare a segnalarci gli articoli che riportano informazioni errate. Grazie!)

Negli ultimi giorni la vulvodinia è un termine piuttosto in voga.
A scatenare l’attenzione sulla patologia sono stati i numerosi articoli su Giorgia Soleri, modella e influencer, recentissima testimonial della Birra Moretti e compagna della voce dei Maneskin, Damiano David.

Come Vulvodinia Online siamo felici di questo inaspettato riscontro, ma anche preoccupati per le informazioni scorrette spesso riportate negli articoli condivisi da diverse testate.

Sulla base delle segnalazioni che ci sono arrivate, abbiamo deciso di correggere le informazioni errate riportate qui di seguito:

 “I sintomi di questa terribile malattia vennero descritti per la prima volta verso la fine degli anni Ottanta del Novecento dal dottor Friedrich “


La vulvodinia è nota dal 1880, quindi un secolo prima di quanto riportato (nessuno si stupirebbe della scarsa conoscenza di una patologia così giovane!).
Il primo medico a descrivere la patologia fu il Dottor I. G. Thomas che la definì come un’iperestesia della vulva determinata da “un’eccessiva sensibilità delle fibre nervose deputate all’innervazione della mucosa vulvare in una parte ben precisa della vulva stessa”.
Il Dottor E. G. Friedrich nel 1987 ne stabilì  i criteri per la diagnosi attraverso il test che porta anche il suo nome ma è più conosciuto come “swab test” o “test del cotton-fioc”.

 Sono principalmente due i rimedi in grado di portare un po’ di sollievo: farmaci antidolorifici o creme ad azione anestetica locale

ASSOLUTAMENTE NO.
Né gli uni, né le altre sono indicati nella cura per la vulvodinia, a meno che non siano inseriti in una terapia più completa e multidisciplinare.
I farmaci che più efficacemente risolvono i sintomi della vulvodinia sono quelli che agiscono sui mediatori del dolore tipicamente utilizzati per le patologie neuropatiche.

Si utilizzano prevalentemente:
– Antidepressivi triciclici
– Inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina
– Anticonvulsivanti
– Oppioidi 

E integratori a base di:
– Palmitoiletanolamide, una sostanza naturale ad azione antinfiammatoria
– Acido alfa-Lipoico
– Vitamina E, Vitamina D e Magnesio

A seconda della diversa situazione presentata dalla paziente possono essere prescritti: 
– Creme ormonali da applicare localmente (ad esempio, contenenti estrogeni, testosterone);
– Creme ad applicazione locale (ad esempio, anticonvulsivanti, antidepressivi);
– Anestetici locali;

Gli anestetici locali sono prescritti esclusivamente per lenire il dolore dovuto al quadro infiammatorio in fase acuta ma se ne sconsiglia fortemente l’uso al fine di celare il dolore durante alcune pratiche, ad esempio durante i rapporti con penetrazione. L’anestetico in questi casi non solo potrebbe non avere efficacia, ma rischierebbe di celare ulteriori traumatismi per le mucose. Anziché assumere anestetici si consiglia di evitare i rapporti con penetrazione finché l’infiammazione e il dolore non saranno scomparsi e di applicare alcune regole comportamentali per alleviare i fastidi

 La vulvodinia può essere anche di natura psicogena. Chi ne soffre, in alcuni casi, ha alle spalle una storia di molestie, traumi, abusi o ha avuto in passato dei rapporti burrascosi

Attualmente non esiste alcuna correlazione dimostrata tra vulvodinia e abusi, mentre un’ampia letteratura scientifica smentisce l’origine psicogena della patologia.

I meccanismi fisiopatologici della malattia, le frequenti comorbilità a cui si può associare e la natura multifattoriale che ne caratterizza la sintomatologia sono ampiamente descritti in letteratura e sottolineano quanto la patologia abbia un’origine multifattoriale e organica. Nonostante ciò, la vulvodinia continua a essere affrontata dalla maggior parte dei medici come un disturbo psicogeno e quindi di competenza del solo psicologo. 
Questo causa un ritardo di diagnosi notevole, stimato intorno ai 4.8 anni, anni in cui l’impatto della patologia sulla vita sociale, relazionale e sessuale della donna è devastante, senza considerare che a tale ritardo si accostano spesso cure inadeguate che comportano una recrudescenza della malattia trascinando la donna verso una sintomatologia sempre più invalidante.

 La vulvodinia è una patologia incurabile

La vulvodinia è una patologia complessa, ma ci sono protocolli che presentano un’altissima percentuale di guarigione. 
Non esiste una cura standard valida per tutte le donne ma sarà lo specialista (o l’equipe di specialisti) che ha in cura la singola paziente a scegliere il trattamento più indicato. È fortemente sconsigliato il “fai-da-te”, il seguire una terapia prescritta ad altre pazienti o il riadattare la propria terapia sulla base dei successi o degli insuccessi ottenuti da altre pazienti: ognuna ha il proprio percorso e i propri tempi di guarigione. Un fattore determinante nella terapia è l’aderenza nel tempo a quanto prescritto dagli specialisti.

 La vulvodinia è una disfunzione sessuale che provoca dolore durante i rapporti

Non esattamente. La vulvodinia è una sindrome di origine neuropatica caratterizzata da dolore vulvare. 
Il dolore neuropatico può comportare problematiche sessuali e sofferenza psicologica. Il dolore durante i rapporti penetrativi non è però presente in tutte le donne che soffrono di vulvodinia, sebbene sia il sintomo principale della forma di vulvodinia più diffusa: la vestibolodinia.
Con vestibolodinia si intende dolore localizzato nell’area del vestibolo che può insorgere in seguito a un contatto (vulvodinia provocata) o spontaneamente. La neuropatia può associarsi a una situazione di ipercontrattilità dolorosa della muscolatura del pavimento pelvico nota come ipertono. L’ipertono a sua volta comporta delle difficoltà sessuali nei rapporti penetrativi.
Una terapia farmacologica associata a una riabilitazione del pavimento pelvico sono spesso risolutivi per questa forma di vulvodinia.

 Non c’è ricerca sulla vulvodinia e non ci sono centri specializzati in Italia

La vulvodinia non presenta un numero di specialisti sufficiente in Italia considerando che colpisce circa il 15-16% delle donne, ma nonostante ciò la ricerca sulla patologia è piuttosto attiva. 
L’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus dal 2006 supporta la ricerca sulla patologia ed è attualmente impegnata a fornire dati ed evidenze scientifiche raccolte negli anni affinché la vulvodinia sia riconosciuta dal SSN.

Per saperne di più: Cos’è la Vulvodinia?

Aiutateci a condividere una corretta informazione su questa patologia! 🙂