Ho iniziato a soffrire di vulvodinia tre anni fa, ma la vera consapevolezza di quanto stava accadendo al mio corpo è arrivata in differita, esattamente tre anni dopo da quando avevo iniziato a sentire questi maledetti dolori.
Anche la diagnosi è arrivata in ritardo, dopo circa un anno e mezzo in cui continuavo a girare i medici della città in cui mi trovavo allora, nella speranza che finalmente qualcuno mi dicesse quale fosse il problema. Poi ho trovato una dottoressa, precisamente una proctologa, da cui ero andata solo per un controllo “random”. Utilizza con me un approccio che per tanto tempo mi era stato negato, un approccio veramente tanto empatico. Si impunta, mi dice che a quell’età non è normale che io stia così male e prende così tanto a cuore la mia causa che mi manda dalla sua ginecologa. Durante questo controllo “random” si era accorta che il mio pavimento pelvico era stremato, che c’era qualcosa che non andava. Così vado dalla sua ginecologa, che dopo nemmeno tre minuti di visita, mi dice quello che volevo sentirmi dire da circa un anno e mezzo: “Signorina, lei soffre di vulvodinia”.
Vulvodinia, non riuscivo nemmeno a ripetere la parola.
Avevo davanti a me la causa del mio malessere, potevo dargli un nome. Ricordo che subito dopo quella visita dovevo andare a un compleanno e mentre andavo in bicicletta a casa della mia amica continuavo a ripetere quella parola, quasi a volermela imprimere nella testa. Dentro di me i sentimenti erano contrastanti. Mi chiedevo “E ora?”, ma dall’altra parte ero felice, finalmente potevo riposarmi perché avevo trovato la mia chimera.
Quando dico che la consapevolezza di quanto è accaduto al mio corpo è arrivata in differita intendo dire che, per quanto sapessi quale fosse la causa dei miei dolori, mi era difficile accettarlo. Negli anni successivi alla diagnosi ho continuato a comportarmi normalmente, come se nulla fosse. Bevevo tanto alcol, mangiavo male, andavo in bicicletta, avevo rapporti senza nessuna precauzione nei miei confronti (intendo dire senza l’uso di lubrificanti), quasi a voler nascondere a me stessa che c’era qualcosa che non andava. L’unica cosa che volevo era essere normale, volevo essere quella di sempre e svegliarmi la mattina senza dolori.
Cosa è accaduto poi?
Un giorno vado dalla ginecologa, mi dice che stava andando tutto bene e che potevo stoppare la cura farmacologica. Scrivo un messaggio in uno dei gruppi con i miei amici, raccontando loro che finalmente stavo guarendo. Una delle mie amiche mi manda un messaggio in privato: “Sai conosco una ragazza che soffre di vulvodinia, se vuoi ti lascio il contatto”. A quel messaggio ho risposto subito, ma dentro di me sapevo che stavo per affrontare ciò che per anni avevo negato, ovvero l’esistenza reale di questa patologia. Stavo per incontrare un’altra donna nella mia stessa situazione, dopo anni in cui avevo evitato tutte le community online o contatti con loro, perché quel dolore era solo mio e doveva sparire il prima possibile. Ringrazio ogni giorno l’arrivo di quel messaggio. La ragazza vulvodinica mi ha chiamato dopo una settimana e abbiamo iniziato a parlare di tutto quello che ci era successo. Dopo tre anni ho capito che essere arrabbiata e frustrata era normale, che i miei repentini cambi di umore, che spaventavano tanto pure me e che non riuscivo a controllare, erano nella norma per una persona che soffre di vulvodinia. Dopo tre anni ho capito che era giusto sentirsi così e che nel mondo c’erano tante donne come me che erano disposte a supportarmi e che potevano capire tutte le cose che raccontavo loro perché le avevano vissute a loro volta. In seguito a questa prima accettazione, ho fatto un ulteriore passo e ho intrapreso un percorso psicologico. Quello che voglio ora è riconnettermi con la vecchia me, riscoprirmi e migliorare tutte le debolezze che mi hanno colpito in questi anni.
La mia vulvodinia sta migliorando tantissimo, sto quasi bene e vedo molto poco fisioterapiste, ostetriche e osteopate. Continuo la cura farmacologica perché dopo il lockdown ho avuto una ricaduta, ma sto molto, molto bene ora, nulla in confronto a prima.
So che la vulvodinia può spaventare tanto e che il processo di accettazione non è facile, quello che consiglio di fare è circondarsi di persone giuste e farsi forza con loro.
Non siamo sole, siamo purtroppo tante, ma alla fine del tunnel c’è sempre la luce. Basta ricordarsi questo.